L’eredità di Daniel Ruzo
Una storia illustrata
"...Per noi fu una scoperta...Per noi era la conferma dopo ventotto anni di ricerche. Tutti credevano che fossero capricci della natura."
Daniel Ruzo, la fantastica historia de un descubrimiento (la fantasctica storia di una scoperta).
Il libro “El Valle sagrado di Tepoztlàn” è stato scritto negli anni settanta dal ricercatore peruviano Daniel Ruzo. Nacque a Lima nel 1900 e fu uno scrittore specializzato nel tema della protostoria umana. Dedicò la sua vita allo studio di statue megalitiche lasciate da un’umanità antica distrutta da un cataclisma.
Cominciai a interessarmi alle sue ricerche nel 2015 e solo pochi mesi dopo, mi ritrovai una copia del suo libro fra le mani, consegnatami da suo nipote Gonzalo Elia in persona conosciuto in un viaggio in Perù per pura coincidenza.
Adesso che sono passati cinque anni da quell’incontro, so per certo che si è trattato di un puro caso di sincronicità junghiana.
Un libro si dice ti può aprire porte. Per me questo libro ha tracciato una pista da seguire, è stato come un richiamo . Ogni volta che leggevo le sue pagine, nasceva in me un sentimento di connessione con questa valle in cui non ero mai stato. Nel 2017 ho deciso di viaggiare e visitare il Valle sagrado di Tepoztlàn, dove Ruzo aveva scoperto centinaia di sculture descritte nel suo libro.
Una valle lussureggiante, racchiusa tra catene montuose che la circondano completamente. Qua si trovano i resti di una civiltà antica dimenticata dal tempo. Le rovine dei suoi templi e dei suoi monumenti sono così erosi che sono scambiati per formazioni naturali. Le montagne sono state scolpite per creare opere che interagiscono con la luce del sole e in un gioco di luci e ombre formano quadri bidimensionali osservabili da una determinata distanza e posizione.
Una tecnica scultorea che tiene conto della prospettiva, del punto di vista dell’osservatore e dell’inclinazione della luce in un determinato momento del giorno e dell’anno. Questo stile è andato perduto insieme a la civiltà che ne conosceva i segreti.
Una catastrofe globale, conosciuta come diluvio universale, spazzò dalla faccia della terra un’intera umanità. Non fu una pioggia battente di quaranta giorni a porre fine alla stirpe dei giganti (Nephilim) come dice la bibbia. Ma una collisione con un corpo celeste, grande come una cometa a generare il cataclisma che distrusse l’umanità più di dodicimila anni fa.
La tecnica scultorea utilizzata conto della prospettiva, del punto di vista dell’osservatore e dell’inclinazione della luce in un determinato momento del giorno e dell’anno. Questo stile è andato perduto insieme a la civiltà che ne conosceva i segreti.
Una catastrofe globale, conosciuta come diluvio universale, spazzò dalla faccia della terra un’intera umanità. Non fu una pioggia battente di quaranta giorni a porre fine alla stirpe dei giganti (Nephilim) come dice la bibbia. Ma una collisione con un corpo celeste, grande come una cometa a generare il cataclisma che distrusse l’umanità più di dodicimila anni fa.
Una conferma a questa tesi la si trova nel Timeo scritto da Platone più di 2500 anni fa. Si racconta di quanto il legislatore Solone ebbe modo di apprendere dalla testimonianza di un sacerdote del tempio di Sais, durante un viaggio che fece in Egitto intorno al 590 A.C.
Solone giunto in Egitto accolto con grandi onori ebbe modo di domandare agli anziani sacerdoti del tempio spiegazioni sui fatti avvenuti in tempi molto antichi. che li stessi greci ignoravano.L’ anziano Sacerdote parlò così a Solone
"…in primo luogo voi ricordate un solo diluvio della terra, mentre in precedenza ve ne sono stati molti."
"...Quella storia che presso di voi si racconta, vale a dire che un giorno Fetonte, figlio del Sole, dopo aver aggiogato il carro del padre, poiché non era capace di guidarlo lungo la strada del padre, incendiò tutto quel che c'era sulla terra, e lui stesso fu ucciso colpito da un fulmine, viene raccontata sotto forma di mito, ma in realtà si tratta della deviazione dei corpi celesti che girano intorno alla terra e che determina in lunghi intervalli di tempo la distruzione, mediante una grande quantità di fuoco, di tutto ciò che è sulla terra.
Allora quanti abitano sui monti e in luoghi elevati e secchi muoiono più facilmente di quanti abitano presso i fiumi e il mare: e il Nilo, che ci è salvatore nelle altre cose, anche in quel caso ci salva da quella calamità mediante l'inondazione.
Quando invece gli dèi, purificando la terra con l'acqua, la sommergono, i bifolchi e i pastori che sono sui monti si salvano, mentre coloro che abitano nelle vostre città vengono trasportati dai fiumi nel mare.
In questa regione né in quel tempo né mai l'acqua scorre dalle alture ai campi arati, ma, al contrario, scaturisce per natura tutta dalla terra..."
Il ragazzo durante la sua corsa sulla volta del cielo, non riesce a tenere le briglie e a domare i cavali imbizzarriti. Il carro si avvicina pericolosamente alla terra bruciando ogni cosa.
Il mito del fallimento di Fetonte è un’ allegoria per tramandare il racconto di un avvenimento catastrofico realmente accaduto.
Il mito di Fetonte
Proviamo a Immaginare che il racconto del mito si riferisca ad un asteroide di notevoli dimensioni che si schianta sul nostro pianeta.
Un esplosione e un bagliore potente quanto il sole nel cielo.
Prima di toccare il suolo si frammenta in migliaia di altri meteroriti che disperdono una pioggia di fuoco sulla terra creando devastazioni e incendi. Immense città distrutte, intere regioni incenerite.
Il mare che si ritira in alcune zone facendo affiorare nuove terre e nuove isole. I frammenti finiti in mare generano onde enormi che distruggono tutto quello che incontrano.
Le immense città fiorenti, centri di sapere e comando, nate sulle coste, sono spazzate via da masse d’acqua che sommergono interi continenti. L’aspetto delle terre emerse mutato per sempre. Solo le alte montagne e i villaggi su di esse potrebbero salvarsi da un simile scenario.
Un impatto con un corpo celeste come una cometa o un asteroide, oltre alla distruzione, agli incendi e ai maremoti, crea una coltre di polveri che offusca il sole per anni, gettando il pianeta nella totale oscurità.
L’umanità superstite, scampata alla distruzione, è come un bambino appena nato. Senza memoria alcuna della sua vita precedente. Piombata in poco tempo allo stato di primitivi.
"…i cavalli smarriscono la strada e senza freno alcuno vagano per l’aria di regioni sconosciute e, dove li spinge la foga, lì in disordine rovinano, cozzano contro le stelle infisse nella volta del cielo, trascinando il carro in zone inesplorate. Ora si slanciano in alto, ora si gettano giù a capofitto per sentieri scoscesi in spazi troppo vicini alla terra..." …Nei punti più alti la terra comincia a prendere fuoco, si screpola in fenditure e, seccandosi gli umori, inaridisce; si sbiancano i pascoli, con tutte le fronde bruciano le piante e le messi riarse danno esca al flagello che le divora. Ma questo è niente: con le loro mura crollano città immense e gli incendi riducono in cenere coi loro abitanti regioni intere. […] ...E così, ovunque guardi, Fetonte vede la terra in fiamme e più non resiste a tutto quel calore... …Il mare si contrae e dove c’era l’acqua, ora vi sono distese d’arida sabbia; e i monti, dissimulati nei fondali, ora affiorano moltiplicando l’arcipelago delle Cicladi. I pesci si rifugiano negli abissi, e i delfini, che di solito s’inarcano in aria, non s’azzardano più a balzare sull’acqua; corpi esanimi di foche galleggiano riversi sull’onda; e si racconta che persino Doride e Nereo con le figlie cercarono rifugio nel tepore delle grotte.".
Anche Platone descrive la catastrofe nel Timeo per bocca di Crizia:
"Dopo che in seguito, però, avvennero terribili terremoti e diluvi, trascorsi un solo giorno e una sola notte tremendi, tutto il vostro esercito sprofondò insieme nella terra e allo stesso modo l'isola di Atlantide scomparve sprofondando nel mare: perciò anche adesso quella parte di mare è impraticabile e inesplorata, poiché lo impedisce l'enorme deposito di fango che che vi è sul fondo formato dall'isola quando si adagiò sul fondale".
In Egitto, si conservarono e tramandarono i testi delle antiche conoscenze del continente sommerso. I Greci non erano che bambini in quanto a memoria storica rispetto ai sacerdoti egizi che detenevano le cronache di suddetti avvenimenti.
Dal canto suo Ruzo ci dice che in particolari luoghi del pianeta, pochi eletti, scelti per il proseguo della specie, si salvarono e custodirono il sapere antico rifugiandosi nel cuore delle enormi montagne, in caverne naturali allestite per il cataclisma imminente.
Fu quando scoprì le prime sculture sulle montagne del Perù su un altopiano a 4 mila metri di altezza verso la fine degli anni ’50, che capì di aver trovato i resti di un antica civilizzazione esistita prima del diluvio.
Passò la sua vita a studiare questi luoghi sparsi per il mondo e dopo anni di ricerche giunse alla conclusione che le opere servissero a creare un piano segreto costituito da figure, segni e simboli che se decifrati, indicavano l’entrata alle caverne in cui sopravvisse la specie umana.
L’umanità antecedente si è rifugiata in caverne di pietra nate durante la formazione geologica delle montagne. Gli antichi sapevano che nella storia dell’umanità la civiltà è stata distrutta ed è risorta più volte. E tutte le volte ha dovuto ricominciare da capo perché ogni cosa era andata perduta.
Quando ho deciso di seguire le ricerche di Daniel Ruzo e ho cominciato a conoscere “il Valle de Tepoztlàn” sono venuto a sapere che qua le montagne sono percorse da enormi caverne ancora inesplorate, lunghe svariati chilometri. Durante il Miocene, un’enorme eruzione proveniente dalla cintura vulcanica centrale del Messico, sprigionò milioni di tonnellate di magma che ricoprirono tutta la zona.
Questo mare incandescente riversatosi nelle valli , racchiuse enormi bolle di aria che si trasformarono in cunicoli ed immensi spazi sotterranei quando la lava fu solidificata. Chi si è azzardato ad esplorare questi luoghi spesso non è più tornato. Si racconta che sia possibile arrivare alla capitale lungo tunnel naturali che passano sotto le montagne per centinaia di chilometri.
Durante una corsa in taxi, il tassista mi ha raccontato che suo nonno, camminando per la montagna aveva trovato un’entrata nella roccia, che portava ad un tunnel sotterraneo mai esplorato.